lunedì 28 settembre 2009

Passato imperfetto

Anche le mangiauomini, o presunte tali, hanno un passato, abbiamo pensato io e la mia amica Angelique l’altro giorno a pranzo. Talvolta, è pure divertente ricordarlo quando si ha sufficiente distacco per abbandonarsi all’ironia e non alla nostalgia.
Parecchi anni fa, io e le mie amiche, le tre sorelle che han fatto un patto, eravamo in vacanza in una nota località turistica spagnola della Costa del Sol. Una sera, in un american bar, dopo aver cambiato postazione tre volte, strategia molto usata in quegli anni per evitare gli sguardi troppo insistenti di maschietti poco graditi o rendere noto, come in una dichiarazione d’intenti, a coloro i quali ti toglievano i vestiti con gli occhi pregustando un’avventura che non c’era proprio storia, eravamo vicino all’affollatissimo bancone del bar cercando di attirare l’attenzione dell’indaffarato barman per avere tre long island quando la mia amica Estelle si è sentita chiedere: “Cosa ti andrebbe di bere?”. Un tipo alto, biondo e dal corpo mozzafiato (russo e ricco l’abbiamo appreso più tardi) stava proponendosi per offrirle un drink.
Dieci secondi di esitazione in bilico tra lo sdegno (di prassi) e la civetteria dopo, si trovava ad accettare volentieri... e non è stato che il primo... drink. Passata qualche ora a parlare, durante la quale lo sfondo che faceva da cornice all’incontro della coppia improvvisata era diventata la discoteca che proponeva la serata più elettrizzante della zona, il tempo stava trascorrendo abbastanza piacevolmente. Andiamo con ordine, ingresso con consumazione (mai utilizzata) pagato, sempre dal russo muscolo munito, altri due long island offerti, qualche danza scatenata in pista e molto bla bla bla. Indecisa sul da farsi e presa da qualcosa che sta in mezzo tra il timore e l’intrigo, quel tanto che basta, continuava ad ascoltare un uomo che, a sua volta, la mossa la stava aspettando anche lui. Estelle non poteva credere che tutte quelle carinerie potessero essere disinteressate, né che fosse gay, decisamente non lo era, né che fosse timido, a prima vista non sembrava. Si era, forse imbattuta in quella rara specie che siamo solite chiamare gentiluomini? Un po’ annebbiata dai cocktail e dalla musica, questa ipotesi non è stata presa in considerazione per cui, a tarda notte, è rientrata sola e un po’ ubriaca. Viene da chiedersi: ma allora il corteggiamento è solo un gioco di forze? Una caccia seducente, un equilibrio tra attacco e difesa, un bilanciamento di potere, il desiderio di supremazia o, semplicemente, una corsa verso la vittoria?
Se è vero che tutto insegna qualcosa, la sera dopo rientrando in hotel Estelle ha conosciuto un altro ragazzo, indolentemente seduto su uno dei comodi divani della hall mentre cercava di ammazzare il tempo in attesa che il suo migliore amico con cui condivideva la camera e la sua nuova conquista liberassero la stanza. Per volere del caso, questa volta era moro, curato, milanese e sempre fisicamente atletico. Se ogni gioco ha la sua tattica, Estelle quella sera ha capito che non sempre bisogna passare all’attacco ma... mai rinunciare a mettersi in gioco.

martedì 22 settembre 2009

Trasgressiva normalità o normale trasgressione

Partiamo da due dati di fatto. Il primo: la trasgressione è allettante per chiunque, nessuno, almeno sulla carta, vorrebbe resistere; non c’è niente di più affascinante del proibito. Il secondo: la trasgressione non è necessariamente negativa, può significare fare nuove esperienze uscendo da ciò che è considerato rassicurante, misurarsi con i limiti prestabiliti mettendo alla prova se stessi e gli altri. Poi, che ci sia chi cede e chi no è un altro conto. Ma, in un mondo in cui tutto è relativo, cosa significa trasgredire e perchè ci tenta tanto? Perché, superando i confini, aumenta l’adrenalina? Perchè un comportamento trasgressivo rappresenta il termometro della nostra fantasia? Si osa per curiosità, per spirito di ribellione o perchè, semplicemente, non riusciamo a dire no ad un irrefrenabile desiderio edonistico?
La prima trasgressione ad essere rimasta nell’inconscio collettivo è quella emblematica di Adamo ed Eva. Nell’Eden, dove tutto era perfetto, avrebbero avuto tutto per vivere felici e contenti ma ci si annoiava da morire, leggere un libro di Jane Austen sarebbe stato nulla al confronto. Oggi, d’altra parte, ci troviamo spesso a definirla attraverso l’esemplificazione e la vita, soprattutto quella degli altri, ci viene sempre in soccorso: per la mia amica Claudia, ad esempio, trasgredire significa comprare un paio di scarpe che costino meno di 400 euro, per mia madre sarebbe cambiare da sola la ruota della macchina, per il mio ex fare bungee jumping insieme a me. Quando, però, la trasgressione coinvolge la sfera sessuale passa il più delle volte sotto silenzio nonostante sia proprio questa reticenza a farci accorgere quanto i vizi e le debolezze nascoste siano, al contrario universali, i giochi per dare una scossa a una sessualità un po’ assopita, per sperimentare un’intesa erotica più fantasiosa o, magari, per scoprire vie del piacere alternative. Allora perchè non parlarne? Pudore? Vergogna? Timore di essere giudicati?
Volendo generalizzare, probabilmente, è solo perchè si va a finire in un territorio che inevitabilmente va a coincidere con un disallineamento tra le convenzioni esteriori e la morale intima. Viene da chiedersi: se la trasgressione cambia il modo in cui vediamo le cose e procura una visione meno convenzionale del mondo, possiamo dire che costituisca il primo passo verso l’individualità?
Senza dubbio, è il caso del mio amico Florent. Eterosessuale fino ai 21 anni, almeno secondo il suo pensiero, una sera, ad una festa, viene rimorchiato da un ragazzo, un 29enne che si occupa di informatica. Intrigato dalla situazione, complice qualche drink di troppo, dopo aver diviso un taxi per tornare a casa, quella sarebbe stata l’intenzione, si ritrova a casa dell’informatico, la più vicina, con la sua testa tra le cosce. Mai provato un sesso orale così sconvolgente. Adesso, quasi undici anni e numerose avventure dopo, convive felicemente da sei con un ragazzo. Ma allora, un pompino può cambiarti improvvisamente, decisamente e inaspettatamente la vita?

sabato 19 settembre 2009

La solitudine dei numeri primi

Mi sento come una debuttante. L’esordio a scuola, l’entrata in società, l’inizio di un nuovo lavoro, la scarpa comprata dopo un mese di risparmi, il primo appuntamento con un ragazzo che ti piace. Questo numero primo ci perseguita nella vita: tutti eventi destabilizzanti durante i quali la mente si affolla di mille dubbi, interrogativi, paure.
Questo è il mio primo giorno sul blog. La prima domanda: cosa scriverò? La seconda: cos’è per me questo blog? La terza: perchè mi sono lasciata convincere da quelle serpi che con le buone o con le cattive mi hanno spinto su vari fronti a fare quest’esperienza usando anche l’arma più perfida che possa esistere per qualunque essere umano dall’ego sviluppato maggiormente rispetto alla norma alla quale dovremmo mediamente attenerci? La lusinga. Sei divertente, ironica, sufficientemente sprezzante, tagliente, sagace... peggio delle sirene!
Abituata a leggerne taluni ai quali, con mia grande sorpresa, giorno dopo giorno, mi sono appassionata (i nomi non li rivelerò nemmeno sotto tortura), nei quali ho imparato a conoscere, attraverso le parole, stralci di vissuto di persone sconosciute e mi sono dilettata, talvolta divertita, a commentare, suggerire, provocare, adesso mi trovo davanti a questo contenitore da riempire con pensieri sparsi, frammenti di vita che mi pongono davanti a me stessa e al mondo in modo più profondo, quasi analitico. Non siamo più abituati a conoscere le persone dalle parole: preferiamo un’estetica, un abito, un atteggiamento, uno sguardo, quel quid che ci attrae o ci respinge. Al mondo siamo tutti come cariche elettromagnetiche?
Eppure, ogni giorno, ognuno nella propria città, entriamo inevitabilmente in contatto con la vita degli altri. Ma allora il mondo è un blog della realtà? Milano, Parigi sono uguali al mio contenitore virtuale? Le persone che conosciamo, ma anche quelle che non conosciamo... ci incuriosisce la loro vita, cosa fanno, cosa erano, cosa sono diventate, perchè le incrociamo esattamente in quel momento. Ci troviamo a domandarci chi sia il nostro vicino in metropolitana, il ragazzo che siede al tavolo di fronte mentre mangiamo nella pausa pranzo, la signora bionda elegante di mezza età che aspettava come noi al giapponese take away, la coppia seduta sulla panchina al parco, l’uomo distinto nel suo gessato che ci scontra nello struscio in centro. Del resto, anche le dinamiche dell’innamoramento iniziano in questo modo. L’altro giorno la mia amica Angelique era al supermercato. Sempre distratta e di corsa, si scontra letteralmente con un ragazzo, di quelli che ringrazi subito il cielo di aver messo sulla tua strada. Uno sguardo, un sorriso, un ammiccamento e un po’ di autocompiacimento che non guasta mai. Parola dopo parola sono finiti... alla cassa, uno sguardo nel carrello e la rivelazione: quante cose si capiscono di una persona guardando dentro il carrello della spesa. Un numero di telefono... e il gioco è fatto. Nel mondo virtuale sarebbe stato diverso?