venerdì 18 dicembre 2009

Ex and the City

Quando si vive a Parigi o a Milano si deve essere consapevoli di vivere in una dimensione parallela. È fondamentale avere l’atteggiamento giusto: sperare per il meglio, prepararsi al peggio e chissà... si potrebbe essere piacevolmente sorpresi. Oppure no! Non mi riferisco a quegli uomini che prima portano a letto una donna e poi le dicono che hanno già una relazione. Pensavo al complicatissimo quanto variegato rapporto con gli ex: c’è chi mantiene un contegno tranquillo, chi rimane in contatto, chi tramuta l’amore in amicizia, chi convive serenamente con questa “evoluzione” della precedente relazione, frequentandosi costantemente, chi continua a condividere la propria vita, uscendo a cena, parlando delle proprie storie e presentando anche, perchè no, le nuove conquiste, chi, quando s’incontra per la strada, non sa parlare d’altro che del tempo, chi preferisce qualcosa di civile e formale, chi si sente saltuariamente e chi taglia definitivamente i ponti.
Se si considera che, in natura, le vedove nere, talvolta, uccidono e divorano il maschio quando l’amore finisce, direi che la specie umana è molto più comprensiva.
L’altro giorno, parlando con Angelique ed Estelle, mi sono resa conto che trovano abbastanza singolare il fatto che io sia rimasta così amica del mio ex. Il comportamento più diffuso, infatti, non è quello di considerare, l’esperienza precedente come un arricchimento della propria vita, una parte di vissuto che, seppur doloroso, come, qualche volta, può diventare in seguito a una rottura o a una separazione, lascia, comunque, un ricordo o un insegnamento ma, solamente, come qualcosa da dimenticare il più velocemente possibile. Riflettendoci, è talmente infantile: si tengono dei vestiti che non si indosseranno più ma non si esita un istante a buttare via un ex.
Più tardi, tornando a casa, non potevo fare a meno di chiedermi: ma se si ama qualcuno e ci si lascia, dove va a finire quell’amore? È possibile trasformare un amore appassionato in qualcosa di diverso, magari più duraturo, come un’amicizia? Insomma, si può essere amiche di un ex?
Dall’altra parte del mondo, intanto, Alfredo si stava destreggiando in una situazione indefinita con un ragazzo che non era propriamente un ex. Dopo essersi conosciuti qualche mese fa, aver avuto qualche incontro di un certo tipo, essersi persi di vista per un periodo, durante il quale Alfredo si è concesso altri divertimenti, si sono ritrovati la settimana scorsa in discoteca e, quando sembrava profilarsi la possibilità di un’amicizia, il ragazzo, dopo essere stato riaccompagnato a casa da Alfredo, l’ha invitato alle 3 del mattino a salire per un caffé. Il tentativo di allacciare un altro tipo di rapporto non è andato, però, a segno, probabilmente, perchè Alfredo, stanco, non ha capito subito la reale intenzione che il caffé avrebbe voluto sottintendere o perchè, semplicemente, non era il momento giusto. Per caso, voleva ristabilire un legame?
Il giorno seguente, Alfredo stava facendo shopping da Prada. Dopo essersi squadrato con un ragazzo, all’uscita, si sono imbattuti l’uno nell’altro. Uno scambio di battute, dalla “Pensavo che magari ti farebbe piacere bere qualcosa con me...” alla fintamente sdegnosa “Scusa ma noi ci conosciamo?” e l’intraprendente ragazzo, sicuro di sé, gli ha lasciato il numero.
Evidentemente mentre, da una parte, qualcuno si chiedeva, forse masochisticamente, se quello che c’era con il proprio ex fosse meglio di quello che c’è ora tra lui e la sua nuova fiamma, dall’altra, a qualcun altro bastava poco per andare avanti. Del resto, però, se si lascia un ex, indubbiamente, c’era qualcosa che non andava.
Guardando fuori dalla finestra la neve che scende, la prima dell’anno, la città è silenziosa, il mondo è ovattato. Tutto, improvvisamente, è diventato chiaro. Ho capito che è il momento di smettere di farsi domande: la vita è una sequenza di distrazioni in attesa del tipo giusto. D’un tratto, il passato non ha più importanza.
Questo sarà il primo Natale insieme a Nicolas. E, se qualche interrogativo rimarrà senza risposta... pazienza! Non bisogna dimenticare, forse, che c’è una stagione per tutto. Can it be that it was all so simple then? Or has time re-written every line? If we had the chance to do it all again? Tell me, would we? Solo il tempo, contro il quale nessuno può lottare, darà il giusto significato ad ogni cosa. Ma, intanto, la vita m’aspetta. Buon Natale.

giovedì 10 dicembre 2009

Mi piace il sesso e ne voglio di più

In periodi di grande fermento come questo, nei quali le tre sorelle che han fatto un patto sono prese ciascuna da mille impegni, il momento migliore per vedersi risulta essere la mattina a colazione, prima di andare al lavoro. Unica eccezione, ovviamente, è il brunch domenicale, generalmente dedicato ai pettegolezzi o al riassunto degli eventi salienti della settimana.
Partiamo dall’inizio. Tre settimane fa circa, ce ne stavamo sedute comodamente da Ladurée e leggevamo distrattamente l’oroscopo sul quotidiano del mattino. Colpita da quello che riportava il suo, Angelique ne scandiva le parole: “Prima di sera incontrerai la persona che metterà a soqquadro gli schemi della tua vita”. Per una ragazza convintamente metodica, sistematica come poche e che poco apprezza gli imprevisti come lei, eravamo dubbiose se la frase dovesse essere letta come un auspicio, un monito o una minaccia. Abituata, d’altra parte, a non dare troppa importanza a queste cose, una risata, un caffè, due biscotti e qualche minuto dopo, tutto era già dimenticato. La stessa sera ci siamo ritrovate alla festa di compleanno di Mathieu, il compagno di Florent: di solito detesto queste ricorrenze ma i party organizzati da Mathieu riescono sempre ad essere sorprendenti e ad offrire qualcosa di inaspettato e sottilmente trasgressivo.
Trasgressione che per Angelique si traduce nello sentirsi sbarazzina in un abito di Sonia Rykiel e per Estelle è sinonimo di abiti italiani invece che francesi, fasciata nel suo indescrivibile outfit di Gucci senza dimenticare il mio look, ambiguamente dark, maliziosamente androgino e ironicamente sadomaso: marsina militare doppiopetto, pull a V con scollo profondo, pantaloni da cavallerizza di Chanel e stivali appesantiti da pesanti fibbie quadrate di Giuseppe Zanotti Design. Tutto accompagnato da capelli tirati indietro appena usciti dal salone e make up in toni scuri da misteriosa femme fatale.
Niente riesce a solleticare la mia creatività come queste occasioni uniche. Talmente inconsuete che Angelique, l’abbiamo appreso qualche giorno dopo, in mezzo alla folla di persone, delle tipologie più varie, che contano in città, che pensano di essere qualcuno o dei commessi più snob delle boutique del centro, era stata molto discretamente notata da un ragazzo, un 34enne italo-francese di nome Simon, che, per qualche inspiegabile motivo, forse, semplicemente non ce n’era stata l’occasione, non le si era avvicinato.
Qualche giorno dopo, però, durante la lezione di aerobica, mentre io e Angelique eravamo sudate, spettinate e indegnamente abbigliate in top colorati e shorts deformi (solo Estelle va in palestra come se andasse ad una serata esclusiva per attirare l’attenzione dell’istruttore), il ragazzo della festa si è avvicinato ad Angelique: “Ti ho visto l’altra sera alla festa. Dato che non ci hanno presentato, penso sia ora di rimediare”.
Il giorno seguente mentre ricapitolavamo gli eventi e Angelique continuava ad interrogarsi sul perchè non avesse notato Simon durante il compleanno di Mathieu io, al contrario, mi chiedevo: se si considerano l’entropia dell’universo, il calcolo delle probabilità che due persone possano incontrarsi o scontrarsi e che la percentuale della loro affinità sia sufficientemente elevata, è la tempistica a svolgere un ruolo fondamentale? O l’interazione tra gli esseri umani è regolata solo dal volere del caso?
Dopo quel re-incontro in palestra sono seguiti, nell’ordine, due cene, un cinema e un fine settimana in Normandia e tutto andava a gonfie vele. Sembrava quasi impossibile trovare un difetto a Simon e pareva che, per una volta, le stelle avessero fatto centro. Finchè una sera, a casa mia, Mathieu ha raccontato a me, Florent ed Estelle qualche particolare interessante della vita di Simon tra cui il fatto che si era separato da circa un mese dopo che la moglie lo aveva trovato a letto con la sua migliore amica.
In quel momento ho capito che non sono né le tempistiche né le stelle a controllare le relazioni umane. In fondo, solo l’intuito individuale può rappresentare il giusto compromesso tra le due cose.

mercoledì 2 dicembre 2009

Deeply superficial

Mi è sempre piaciuta una cosa di Parigi: non si sa mai cosa possa accadere da un momento all’altro. Da quando ci sono venuta, parecchi anni fa, è iniziato il nostro rapporto di amore e odio. Non cambierei nulla di questa città... tranne, forse, il clima. Ma anche Milano non scherza. Ci sono dinamiche, però, come quelle degli incontri galanti, chiamiamoli così, che sono universali. Dopo Adamo ed Eva, la coppia antesignana, le modalità che regolano le interazioni sociali e sessuali tra le persone si sono evolute e diversificate. Esiste la coppia monogama, quella aperta, quella legata attraverso un vincolo matrimoniale, quella occasionale, quella periodica, quella trasgressiva, quella per un’avventura, quella che sussiste solo dietro compenso, quella triangolare, quella multipla fino ad arrivare all’ultima frontiera di questo concetto, la “troppia” anche se non mi è ancora perfettamente chiaro se il significato indichi semplicemente una “coppia” formata, in realtà, da tre persone, quindi, un trio o se sottintenda, neanche tanto velatamente, che uno dei componenti è di troppo. Ma rimane un mistero cosa faccia funzionare una coppia al meglio nonostante, si dice, il sesso rappresenti una parte molto importante.
Qualche sera fa, mentre con Angelique, Estelle e Florent provavamo l’ultimo ristorante persiano aperto in città e parlavamo del Natale, di cosa sia cool regalare e di come uno sgasa-champagne, diventato chic negli anni Novanta, sia, comunque, un oggetto da prostitute oltre ad essere assolutamente inutile, abbiamo appreso da una Estelle in vena di confidenze, davanti a un drink, l’evoluzione della sua vita sessuale con Jacques. Convinta della sua carica erotica, per nulla scoraggiata di fronte al primo tentativo fallito e rassicurata dalla certezza che la passione deva essere accesa e alimentata non avrebbe potuto accettare l’idea, per citare testualmente, che l’acciarino, sfregando la pietra focaia, non avesse prodotto alcuna scintilla, soprattutto, considerando il fatto che Jacques l’aveva nuovamente invitata ad uscire. Senza dubbio, non poteva neanche pensare che a lui andasse bene così (o... orrore, orrore, magari sì?). Così, intenzionata a non mollare al primo colpo, ha elaborato una strategia che potesse rendere ardente la vita sessuale di quella coppia improvvisata. Il piano prevedeva, per il secondo incontro, un programma che iniziava con una cena e terminava con una serata in discoteca ma niente sesso. Se, generalmente, è vero che l’attesa aumenta il desiderio, Estelle era determinata a farlo esplodere. Il giorno dopo, quindi, ha deciso che sarebbe servito un completino sexy malizioso e audace, qualcosa che facesse venire Jacques nei pantaloni non appena l’avesse vista. Il momento dei fuochi d’artificio si stava avvicinando.
A questo punto, non potevo fare a meno di chiedermi: ma in un mondo dai cambiamenti veloci in cui le coppie si formano e si disfano in un batter di ciglia e ci si ritiene fortunati se il partner non torna dal viaggio di nozze con un’altra persona, quando vale davvero la pena impegnarsi per fare funzionare una coppia... e qual è il numero ragionevole di candidati che possano costituire per ciascuno l’altra metà del cielo?
Oltralpe, intanto, si passava dalla ricerca della potenziale metà a quella della metà di qualcun altro. Poiché niente accade per caso, Alfredo, si è trovato ancora nella situazione di flirtare con un ragazzo già fidanzato nonostante, frase molto ricorrente, sembri che la storia sia ormai agli sgoccioli. Questa volta è stato il caso di un istruttore di karate, 36 anni, un corpo da urlo che s’intravede dal kimono e una dotazione interessante. Dopo aver puntualizzato di essere più interessato alla qualità che alla quantità, il ragazzo ha invitato Alfredo da lui per un “combattimento”. Eccitato dall’idea di una lezione privata per imparare qualche segreto sul kamas... sul karate, è rimasto in attesa di una sua telefonata per fissare un incontro, rimasto indefinito. Se è vero, però, che lasciando passare troppo tempo per queste coppie da una sera, l’interesse scende e non solo quello, questa volta, è stato Alfredo a chiamare e a decidere i dettagli. Quando ha suonato il campanello e ha visto che il suo istruttore aveva sostituito il kimono con una vestaglia di foulard, ha capito di aver fatto centro e di essere riuscito a prendere la situazione in mano.
Forse, in una coppia, di qualunque tipo sia, è solo tutto una questione di equilibrio o, semplicemente, tutti noi ci trasformeremmo se avessimo il coraggio di essere ciò che siamo.

mercoledì 25 novembre 2009

Il coraggio delle idee

Nella vita di una donna, dall’adolescenza in poi, i primi appuntamenti sono una costante, accompagnati spesso dalla ricerca di quel “per sempre” che è un auspicio, una speranza, un sogno. Le tipologie dei primi appuntamenti sono le più svariate, quelli organizzati dagli amici, quelli che sono il naturale sbocco di una conoscenza virtuale, quelli che, talvolta anche a priori, si sa già che toccheranno solo la sfera sessuale, quelli dopo i quali è inequivocabile che non ci sarà mai nessun incontro ravvicinato di un certo tipo, quelli che arrivano molto velocemente al sesso ma sarebbe stato meglio non scoprire che l’intesa sessuale è così tremenda da escludere senza appello un futuro insieme... e quelli che accadono accidentalmente, quasi per gioco o uno scherzo del destino come nel caso mio e di Nicolas.
Poi ci sono anche i primi appuntamenti che hanno un risvolto inaspettato. L’altro giorno, a pranzo, mentre le tre sorelle che han fatto un patto stavano provando un nuovo self-service d’alta cucina, non riuscivo a credere al racconto di Estelle: qualche sera prima, ad una festa in casa di un suo amico antiquario, tra una folla di invitati piuttosto particolari, uomini d’affari di tutte le età, giovani signore annoiate con cagnolino, ricche vecchiotte in abiti giovanili che bevono solo acqua e gigolò, ha conosciuto Jacques, uno scultore 32enne molto, molto francese con un accento del sud modificato da una intonazione snob che gli faceva mangiare le parole. Schivo e ombroso, non si capiva se fosse annoiato o se, semplicemente, volesse nascondersi dietro a un alone di mistero. Dopo essersi avvicinati l’una all’altro, Estelle e Jacques non hanno più smesso di parlare rapiti in un’alchimia che si faceva sempre più intensa. Messa da parte una prima impressione fuorviante, Jacques era molto colto, interessante, raffinato, poliedrico, pungente e... mai noioso. Insomma, assolutamente perfetto. Dopo una serie di baci grandiosi e promettenti, l’attrazione reciproca ha condotto al più naturale degli epiloghi ma a letto... delusione totale. Estelle era assolutamente impreparata perchè lo immaginava meraviglioso. E, forse, era proprio questo il problema: aveva aspettative troppo grandi. E non è che cercasse solamente un uomo che le strappasse la biancheria di dosso.
Tornata a casa, ripensavo alle aspettative sessuali: in un mondo dove la perfezione non esiste e in cui la vita può riservarci talvolta anche dei tiri mancini come il ristorante vegetariano che ci ha fatto provare Angelique ieri sera e che si è rivelato assolutamente una schifezza, un’aspettativa troppo alta non sarà più ingannevole del cavallo di Troia?
Intanto, la stessa sera, dall’altra parte del mondo, anche Tommaso, a Milano, sfidava la sorte. Armato di mouse, aveva trovato, la notte precedente, tra gli internet-dipendenti, un tipo con profilo e foto assolutamente accattivanti. Pronto a sfatare, le affermazioni dei sessuologi secondo le quali, a causa dell’ansia da prestazione, solo per il 33% degli uomini l’incontro virtuale sfocia in qualcosa di più, al contrario delle donne che l’80% delle volte cercano di trasformare la fantasia in realtà, convertendo il sesso virtuale in sesso vero, Tommaso si era preparato per un altra tipologia di primo appuntamento che, personalmente, non ho mai avuto il coraggio di provare: quello al buio. La filosofia di vita di Angelique prevede che, prima di questi appuntamenti, si sia sempre inclini ad immaginare che il ragazzo che si va ad incontrare sia favoloso. Ma questo non fu il caso. O, meglio, Tommaso si è trovato, senza una ragione, a fare sesso orale con un ragazzo che, come ha placidamente ammesso per telefono, non era in alcun modo il suo tipo. La cosa, però, sembra tutt’altro che sorprendente. Parlando con Angelique, infatti, mi ha reso edotta del fatto che, esattamente come non si è sempre attratte da uomini indubitabilmente belli, molto spesso, il sesso migliore si fa con gente che non ci piace. Ci si sente, per caso, più liberi di esprimersi? Ci sono meno inibizioni? O ci si sente paradossalmente più se stessi con uno sconosciuto?
Poco fa, stavo facendo una doccia godendo dell’acqua calda che mi bagnava la pelle e riflettevo che, forse, se è vero che le cose ovvie nascono per ovvie ragioni, a volte è meglio prendere la vita così come viene senza cercare di cambiare il corso delle cose. Forse ha ragione Estelle con la sua convinzione che se il sesso non è un granché non serve a niente dirlo. Ma, altre volte, basta un po’ d’improvvisazione.

martedì 17 novembre 2009

Beyond a reasonable doubt

Non ho mai capito se gli eventi più stravaganti mi siano accaduti a Parigi o a Milano. Dopo aver assecondato i sostenitori che continuavano ad insistere che io aprissi un blog ora mi ritrovo anche un altro compito ingrato e decisamente inappropriato per la mia persona: non ho mai pensato di essere una guida spirituale, né ho mai creduto che la mia vita, per quanto ricca di eventi, potesse diventare un modello o una fonte di ispirazione per nessuno. Trovo divertente citare qualche spaccato e riflettere sugli avvenimenti poiché, probabilmente, ogni cosa regala un insegnamento.
Detto questo, considerando il fatto che molti, anche quelli che poi non hanno letto nemmeno una riga, mi chiedevano a più riprese di fare questo passo, ho ritenuto opportuno informarli, perché un po’ tutti i blogger hanno una spiccata parte narcisistica che confida di essere appagata sapendo che qualcuno legge quello che viene scritto.
Dieci giorni fa circa accompagnavo Tommaso dopo il lavoro a comprare un maglione in centro. Mentre eravamo dalle parti di corso Como e avevamo deciso che era l’ora di un gin and tonic, stava, infatti, diventando buio e non c’era niente da vedere, è squillato il mio BlackBerry: Alfredo, uno dei miei amici gay milanesi (ebbene sì, per chi se lo stesse chiedendo, è vero, a Milano ho più amicizie gay che femminili), appassionato di incontri in chat e di cybersex, che da un paio di settimane aveva iniziato a seguire il mio blog, mi ha raccontato quello che gli è accaduto qualche sera prima: era a ballare in un locale e ha conosciuto un ragazzo, 26 anni, che, però, fa già coppia fissa con qualcuno. Niente di strano se non fosse per il fatto che, di nascosto dal fidanzato, ha dato ad Alfredo il suo numero di cellulare, pregandolo di farsi sentire in settimana per accordarsi su un’eventuale uscita, a due, ovviamente. Alfredo, quindi, ha mandato un sms e il ragazzo, essendo il fidanzato, generalmente, incurante di cosa faccia quando non sono insieme, ha risposto proponendo una calda notte di sesso sfrenato. A questo punto, Alfredo mi ha sottoposto il fatidico interrogativo: “Cosa faccio? Si vive una volta sola, non voglio sentire morali”. In quell’istante, non ho potuto fare a meno di domandarmi: quando si è ad un bivio e ci si chiede da che parte andare, se nemmeno la volontà riesce a condurre immediatamente alla scelta, come quando si è al cospetto dell’ennesima borsa di Bottega Veneta, il dubbio, quello che una giuria, inspiegabilmente, fiuterebbe al volo, rappresenta forse il campanello d’allarme che separa la determinazione dal desiderio?
Al sospetto che, probabilmente, stava frequentando troppi ragazzi, Alfredo ha replicato: “Non ha senso essere fedeli, se non si è innamorati”. Così, ripensando che, secondo Angelique, la normalità è solo una maschera dell’eccesso o, in altre parole, che soltanto un ordine precostituito può generare un’interessante trasgressione, soffocando il mio imbarazzo, dopo aver puntualizzato, conoscendo Alfredo, che non avrebbe dovuto aspettarsi altro che sesso senza coinvolgimento emotivo, naturalmente e quasi involontariamente ho detto: “Beh, che dire? Fatti questa scopata!”. Rassicurata dal pensiero di Tommaso che collimava col mio anche riguardo al dettaglio che, eventualmente, avrebbe dovuto essere il ragazzo a doversi preoccupare che, essendo fidanzato, anche solo questo presupposto sarebbe dovuto essere sufficiente come deterrente, non riuscivo a stare nella pelle all’idea di sapere come si sarebbe evoluta la situazione.
Rientrata a Parigi, ieri verso mezzanotte e mezza, mentre stavo riflettendo sul fatto che, soprattutto quando si parla di sessualità, la facilità del peccato sconcerta il pentimento, è arrivata con un tempismo quasi telepatico la chiamata di Alfredo: col ragazzo, molto dotato, ci sono state tre notti infuocate, tutte decisamente notevoli se si tralascia di sottolineare che, dopo la prima, l’ardore ha subito una lenta, progressiva e inesorabile diminuzione. Del resto, in situazioni come queste, ogni cosa è bella la prima volta ma le altre non possono che diventare monotone e ripetitive. Già, penso, è così in tutte le cose della vita ma, se si aggiunge il fatto che non c’è nient’altro a fare da collante a parte l’intesa sessuale, come potrebbe essere altrimenti? Così, per evitare la mancanza d’immaginazione, il ragazzo ha proposto di allargare il cerchio.
Questa mattina, a colazione, raccontando l’episodio a Estelle ho capito che se, il dubbio costituisce il dispositivo di controllo del pensiero sull’azione si è davvero fortunati quando accanto si ha qualcuno nei cui occhi si possono trovare tutte le risposte ai nostri dubbi. Tornata in strada, il sole ha fatto capolino da una nuvola grigia.

lunedì 16 novembre 2009

Il mio debutto su Twitter

Novità sul fronte del web 2.0. Ho deciso di avvicinarmi al mondo dei social media e di fare il mio ingresso su Twitter.


Un nuovo debutto: abbracciando, per la prima volta, il mondo dei media online, sbarco ufficialmente su uno dei social network più gettonati al momento e allargo la mia piattaforma tecnologica. Da oggi, anche le mie conoscenze informatiche sono leggermente più estese. Per chi volesse seguirmi: http://twitter.com/ALEX_andthecity.

mercoledì 11 novembre 2009

Sarò solo la tua pupa rock

Ci sono giornate in cui in qualunque posto si vada capita sempre di sentire persone che sviscerano lo stesso argomento. Sarebbe naturale se si trattasse di una notizia del giorno o di una tendenza che si sta particolarmente affermando in quel momento. In questo periodo, da qualunque parte mi giro, compreso il salone dove l’altro giorno ho trascorso due ore per farmi la piega ai capelli, non sento che discorsi sul tradimento e di quanto, ormai, i monogami stiano diventando una specie in via di estinzione. Il tema è così vasto che nessuno potrebbe arrogarsi la pretesa di esaurirlo o di giungere ad una conclusione definitiva. C’è chi tradisce perchè non vuole resistere alla tentazione, perchè vuole mantenere la propria libertà di opzione o, semplicemente, perchè la passione all’interno della coppia si è spenta e, quindi, la cerca altrove. C’è chi tradisce per gioco, per abitudine, per bulimia di avventure, per stile di vita, per voglia di cambiamento, per infatuazione momentanea, per sesso senza coinvolgimento, per attrazione fisica. C’è chi tradisce per non tradire se stesso. Ma allora, viene da domandarsi, in un mondo dalle possibilità infinite, in cui si cambia partner più spesso di una società telefonica, la monogamia è davvero ancora importante?
Prima dell’estate, la mia amica Angelique, durante una cena a casa di amici a Milano ha conosciuto Gabriele, 37 anni, avvocato, un uomo in carriera, estroverso ma, allo stesso tempo, molto raffinato. Alla fine della serata, lo scambio dei cellulari e il proposito di rivedersi qualche giorno dopo per un drink disimpegnato. Considerata l’intesa crescente, ne sono seguiti altri tre, rispettivamente, nelle tre serate successive accompagnati da passeggiate romantiche in giro per la città, complice un clima che lasciava pregustare l’estate imminente e qualche incontro ravvicinato di un certo tipo. Tutto sembrava andare bene nonostante la prossima partenza di Angelique per Parigi, quando Gabriele ha pronunciato la frase che ha minato per sempre qualunque possibile aspettativa futura: “Mi piacerebbe innamorarmi ma ho paura di cambiare il mio stile di vita”. Per una come Angelique questa frase sarebbe già stata sufficiente poiché la parola “paura” non dovrebbe esistere nel vocabolario di un uomo quando si parla di sentimenti. Ma non era tutto: “Gli impegni non fanno per me. Del resto la fedeltà è solo una costruzione mentale. I rapporti sono spesso costruiti sulla falsa certezza che uno dei due non possa tradire l’altro. Ma se realmente per due innamorati la monogamia dovrebbe essere la cosa più naturale, se ciò che è naturale diventa un concetto statistico, allora l’alta percentuale dei traditori o dei traditi renderebbe naturale il tradimento”.
Angelique ha trovato questo sillogismo talmente divertente da non riuscire a smettere di ridere e ha deciso che quella sera sarebbe stata l’ultima volta che andava a letto con Gabriele. Non si sarebbe mai messa con un uomo così ma non voleva nemmeno tradire se stessa e la sua voglia di divertirsi quella sera. Gabriele non avrebbe mai potuto essere un potenziale amore per la vita ma poteva essere un piacevole divertimento momentaneo anche se lei ha continuato, impassibile, a fargli credere qualcosa di diverso. Del resto, nonostante tutto, era pur sempre piuttosto attraente. Quella sera si sono lasciati ripromettendosi di sentirsi il giorno dopo. Ma Angelique non si è fatta più trovare. Cosa c’era di più esilarante che leggere i messaggi accorati di un poligamo impenitente?
Qualche giorno dopo, mentre ascoltavo il suo racconto, continuavo a pensare che fosse la giustificazione al tradimento più incredibile che mi fosse capitato di ascoltare. C’è chi racconta il tradimento agli amici per farsene vanto, chi lo confessa al partner per scaricarsi la coscienza, chi lo nasconde, chi pensa che sia solo una “santa” bugia, chi commette peccato di omissione o chi adotta una coppia aperta o segretamente aperta. Ma, difficilmente, avrei potuto pensare ad una difesa d’ufficio così originale. Sicuramente, d’altra parte, se in genere non si tradisce perchè sembra sbagliato farlo o magari perchè, per volere del caso, si ha accanto la persona con cui non potrebbe esserci intesa migliore su tutti i fronti, credo che non ci sia nulla di meglio che fare mille cose con lo stesso uomo invece di fare una cosa sola con mille uomini diversi.

mercoledì 4 novembre 2009

There’s a light burning in the fireplace

Non c’è niente di meglio per esorcizzare le proprie paure che fronteggiarle in modo diretto. Si può semplicisticamente definire terapia shock. Generalmente, hanno tutte un comune denominatore: l’incognita dell’ignoto, di quello che sarà, il timore di non saper affrontare al meglio le situazioni quando si è costretti a scontrarsi con esse. Ma è altrettanto vero che quando si conoscono le variabili in gioco tutto quello che fino a un momento prima suscitava angoscia diventa solamente normalità. Così viene superata la paura di volare, del buio, degli ambienti chiusi o aperti, dei ragni, degli specchi, del dentista, del diverso, degli esami, di innamorarsi, dell’odio delle persone, delle cose grandi, di un no... e, magari, anche quella delle donne il primo giorno di saldi.
Abbiamo pensato la stessa cosa Angelique, Estelle e io quando abbiamo accettato l’invito di partecipare al matrimonio della nostra amica Isabelle, nonostante mai avrei pensato di rivedere il mio ex. La paura di sposarsi attanaglia un numero sempre maggiore di donne: in un’epoca in cui il significato del giorno del sì è sempre più svuotato e svalutato e il numero delle separazioni e dei divorzi è in aumento, sembra quasi paradossale l’impennata direttamente proporzionale del panico da sposa, quel terrore del “finchè morte non vi separi” che dovrebbe sottendere un impegno “per sempre”. Nonostante quelle occasioni per noi tre non abbiano molto di sacro, impegnate come siamo, per evitare la noia, a spettegolare sugli invitati, sui loro vestiti e sulle nuove coppie che si sono formate o che si sono sciolte, non potevo fare a meno di chiedermi: nella vita, in cui ogni cosa è ciclica, le ore, i giorni, gli anni, le stagioni, la rotazione terrestre, gli ormoni, la storia, le mode, gli amori, la felicità, si vive sempre con trepidazione o con ansia in attesa di quello che accadrà domani?
Il giorno dopo Florent e io siamo partiti per trascorrere due giorni in relax a Deauville. Nessun posto come questo, sviluppato armoniosamente tra il mare e la campagna è ideale per persuadersi davvero che l’estate è finita. Non solo per l’aria frizzante, le foglie che cadono e la coperta sul letto ma per quell’impagabile atmosfera nostalgica che si respira camminando sul mare nel periodo autunnale. Non amo particolarmente pensare che ci stiamo lentamente e inesorabilmente avvicinando all’inverno ma, sicuramente, una passeggiata solitaria o in buona compagnia rappresenta una buona terapia shock. Guardavo le onde che giocavano, rincorrendosi sulla spiaggia in questa stagione deserta o leggevo e sebbene con Florent parlassimo di libri, di arte, di ragazzi, di esperienze vissute, riflettessimo sull’amore, sull’amicizia, sulla vita confrontando anche ironicamente le nostre idee tra un caffé e l’altro, scherzassimo su qualche episodio divertente accaduto a qualche nostra conoscenza comune o andassimo spensieratamente a cavallo continuavo a sentire la mia mente piena di idee, piena della convinzione che tutto sarebbe stato, nella mia vita diverso. Il cambiamento che, spesso, fa paura alle persone, in quel momento mi sembrava essere diventato il mio migliore amico. Rimanevo incantata ad ascoltare quelli di Florent: dopo un anno che frequentava il suo attuale ragazzo, una sera mentre stavano amabilmente parlando sul divano e, con la sua testa adagiata sulle gambe, gli stava accarezzando dolcemente i capelli, si rese conto all’improvviso che era giunto il momento per vivere insieme.
Domenica sera, dopo aver mangiato una pizza d’asporto, mentre si avvicinava la mezzanotte e Florent stanco aveva deciso di andare a letto, ascoltando “L’hymne à l’amour” di Edith Piaf non riuscivo a smettere di pensare ai giorni appena trascorsi e non potevo fare a meno di sentirmi inutile e sola. Poi, l’illuminazione sulle note di “Non, je ne regrette rien”: dicono sempre che quando si è in crisi bisogna seguire l’istinto. Ebbene è quello che ho fatto e, lunedì mattina, con un giorno di anticipo sul programma, albeggiava appena quando sono tornata in città: in treno ho capito che è più importante vivere pienamente quello che accade qui e ora senza aspettare o chiedersi cosa avverrà domani. Arrivata alla stazione ho visto il volto di Nicolas tra la folla, il suo sguardo perduto in una lontana visione, la camicia di seta, il maglione chiaro e il braccialetto d’oro: mai come allora, ho pensato, sembrava un ragazzo.

martedì 27 ottobre 2009

Quanti anni mi dai?

Milano è sempre piena di sorprese. La sopporto a malapena, ma riesce sempre a mettermi di buonumore, soprattutto, quando il cielo è limpido e il clima stranamente mite. In nessun altro posto mi è successo di rimorchiare dieci minuti dopo essere scesa dall’aereo, di essere aiutata quando in metropolitana mi sono cadute le dodici riviste comprate in aeroporto per non annoiarmi durante il volo, sebbene piuttosto breve, o di ricevere un sorriso dalla signora che condivide con me l’ascensore. Per non parlare degli eventi: c’è sempre un milione di cose da fare ed è davvero difficile sceglierne una.
Lunedì, ore 13:25. Stavo percorrendo corso Matteotti, diretta verso piazza San Babila, per incontrare Tommaso, il mio amico gay milanese con cui avevo un appuntamento per pranzo. All’incrocio con via San Pietro all’Orto sono passata davanti al futuro store di Abercrombie & Fitch, che sarà inaugurato giovedì. Come non notare una dozzina dei famosi “A&F hot guys” che rappresentano lo stile e l’essenza del marchio americano, rigorosamente a torso nudo. Ma ancora più singolari erano le donne, attratte da questi bei ragazzi, che si facevano scattare delle foto al cellulare insieme a loro: non solo ragazzine 20enni, come si potrebbe pensare, ma anche 30enni e oltre.
Così, mentre camminavo per raggiungere la mia destinazione, non potevo fare a meno di chiedermi: ma in un mondo veloce come quello attuale, in cui i 30enni vorrebbero fare i 20enni e viceversa, hanno ancora significato le differenze d’età? Oppure le “fasce d’età” sono soltanto l’una la rappresentazione di quello che vorrebbe essere l’altra?
Domenica, ore 22:45. Dopo qualche settimana di assenza da Milano, nonostante avessi altri tre o quattro inviti appetibili, mi sono lasciata convincere da Tommaso ad andare alla serata “Join the Gap” del Borgo del tempo perso. Non riesco mai a dirgli di no: mi sono preparata in tutta calma, sapendo che, come sempre, sarebbe arrivato in ritardo. Tommaso è una forza della natura, 34 anni, moro, capelli mossi, occhi verdi magnetici, spalle larghe e sensuali, sedere rotondo, troppo bello fuori per essere un architetto e troppo bello dentro per essere ancora single. Sapevo che quella sera mi sarei divertita a ballare come una pazza. Quando un amico comune me lo presentò, parecchi anni fa, ad una festa, dissi a me stessa che, se non fosse stato gay, non me lo sarei lasciato scappare per nessuna ragione. Adesso la nostra intesa è talmente forte che non cambierei il nostro rapporto di amicizia, un’amitié amoureuse. Se, talvolta, ridiamo del fatto che sembriamo una coppia perfetta senza sesso e che io sia l’unica a salvarlo dalla monogamia, altre volte mi chiedo perchè non si sia ancora innamorato o, come dice lui, non abbia ancora provato quella sensazione di vuoto, di felicità e di disperazione mescolate insieme. Il refrain “So many men, so little time, how can I choose?” andava bene a Ibiza a 20 anni. Ma a 30?
Ancora elettrizzata per la serata appena trascorsa, continuavo a pensare al fatto che ogni fase della vita ha un suo perché: a 30 anni non si può essere come a 20 e nemmeno dovremmo desiderarlo. Quali sono le attrattive di quell’età? Niente rughe, muscoli tonici, l’eccitazione per le nuove esperienze e la sensazione che la vita sia piena di infinite possibilità. Ma ci sono anche uomini sessualmente inesperti, imbarazzanti errori di abbigliamento e quella giovanile inconsapevolezza di essere sul punto di vedere i propri sogni e le proprie illusioni infrangersi. Si ha così tanta fretta di crescere e di farsi notare, tanta voglia di piacere e di sentirsi guardati, per sapere di esistere, che, alla fine, non si riesce mai a parlare con un uomo senza farsi corteggiare. A quest’età, si sa attraverso la pelle di essere vivi e, se si è soli, si viene sopraffatti da un’angoscia senza nome. Forse, nel tentativo di evitarla, Tommaso ha ceduto alle attenzioni di... quel tipo di cui non ricordo il nome con il quale è andato via quando ci siamo salutati. L’ho subito battezzato “occhietto furbetto”, un ragazzo con capelli e occhi castani ma con lo sguardo molto penetrante. Probabilmente, Tommaso non riesce a lasciarsi alle spalle i suoi 20 anni ed è per questo che, con lui, riesco a credere che non siano passati neanche per me. Il gap generazionale non mi era mai sembrato così ampio. Ho capito, però, che se a 20 anni non si è ancora capaci di scegliere l’uomo giusto, a 30 lo si riconosce a colpo d’occhio. L’importante è esistere per una persona sola.

martedì 20 ottobre 2009

More than twist in my sobriety

A volte la vita è davvero strana. Il sesso a pagamento è una delle attività che non ha risentito della congiuntura economica negativa anzi, paradossalmente, per un motivo o l’altro, oggi è un argomento prepotentemente sulla bocca di tutti. L’assenza di crisi è dovuta, probabilmente, al fatto che la domanda è sempre molto alta e il suo mercato fiorente: giovani alla prima esperienza, uomini che vogliono cambiare donna quando desiderano senza mai rinunciare, mariti insoddisfatti, adoni mancati, maschi che rivendicano un ruolo di potere o, magari, solamente, evasione, di intrigo, di gioco.
Un sabato sera, qualche mese fa, io e le mie amiche Angelique ed Estelle eravamo ad un party in casa di amici in centro per festeggiare un traguardo professionale in grande stile. Nel momento in cui stavo pensando di andarmene, stanca, annoiata e sola, Estelle stava flirtando con il fratello del padrone di casa e Angelique era già arrivata accompagnata, mi si è avvicinato un ragazzo, Eric, 31 anni, dal fisico scultoreo con una scusa talmente banale che nemmeno ricordo.
Dopo due chiacchiere disimpegnate, l’argomento è caduto sul tema del lavoro. Mi ha confessato candidamente di fare l’escort. Vedendomi trasecolata non poco e dubbiosa di non aver capito bene si è affrettato a precisare ironicamente: “Ma non sono in servizio”. Poiché, però, era un conversatore amabile e divertente ho accettato di buon grado l’invito a prendere un cappuccino il giorno dopo. In vena di confidenze ho appreso quella domenica mattina e in qualche piacevole incontro successivo cosa potesse spingere un ragazzo così a fare l’accompagnatore: “Sono un appassionato di blind date. Mi piace conoscere per non rimanere solo. Non cerco partner diversi ogni sera. Ma, quando incontro, capisco subito dove si va a finire, 9 su 10 vogliono quello e, quindi, vedo di arrivarci il prima possibile e poi tornare a casa. Magari perchè posso parlare con qualcuno al quale sono più legato della persona con cui ho appena fatto sesso”.
Ho capito subito che si stava riferendo a me. Da un po’ di tempo, infatti, aveva la singolare abitudine di telefonarmi la sera quando rientrava. Gli piacevo fisicamente ma, soprattutto, caratterialmente. Allora non ho potuto fare a meno di domandarmi: quanto i condizionamenti esterni (lavoro, religione, ideologia politica, status sociale, altezza, lunghezze) possono influire su qualcosa di incondizionato come dovrebbe essere l’amore?
Nel caso di Eric, sarebbe impensabile immaginarlo come compagno, abituato com’è, con il suo stile, a mettere a proprio agio la persona che si trova con lui, a farle credere che si stia trovando benissimo, che gli faccia provare sensazioni uniche quando, molto spesso, sta pensando solo a cosa manca in frigorifero.
Osservandolo, si sarebbe potuto pensare che avesse tutto: bellezza, fascino, eleganza, savoir-faire, frequentazioni raffinate (le stesse “conoscenze” occasionali che, secondo Florent, le persone come Eric in realtà detestano)... invece era, semplicemente, un ragazzo solo che avrebbe voluto degli amici con cui parlare, con cui uscire o che facessero parte della sua vita. Era un uomo che non riusciva più a staccarsi dal meccanismo di finzione nel quale, inconsapevolmente, si era trovato sempre più coivolto.
Una sera ho capito che avrebbe voluto fare l’amore con me, forse per la prima volta, forse per l’ultima. Mentre rientravo a casa in taxi mi trovavo a riflettere su come le esperienze della nostra vita siano come tanti tatuaggi indelebili. E, sebbene continuassi a trovare esilarante di avere detto no ad un escort, in quel momento, ho realizzato che non avrei voluto provare le sue stesse sensazioni. L’amore non ha un tempo. Stavo ripromettendo a me stessa che non mi sarei lasciata usare, neanche mentalmente. Non avevo detto no all’escort, avevo detto no all’uomo. Non avevo detto no al suo lavoro, avevo detto no al suo cuore.

mercoledì 14 ottobre 2009

Dose minima giornaliera

L’altro giorno di mattina presto, in bilico tra il sonno e la sensazione di noia mattutina tipica delle giornate piovose quando devi assolutamente alzarti anche se vorresti solamente stare a letto per continuare a dormire nel caldo tepore di una maxifelpa sulla quale campeggia la parola “Chicago” a lettere cubitali e che copre più di metà del corpo, stavo facendo colazione nel solito café e sfogliando senza particolare attenzione una rivista colorata e invitante. L’occhio è stato subito attirato da una scritta: “Dose minima giornaliera”.
Senza fare troppo caso al fatto che, proprio nello stesso momento, stavo consumando la mia “Dose minima giornaliera” di caffè, indispensabile per assumere un aspetto decoroso, essere gentile e disponibile e avere una soglia di attenzione che non fosse prossima allo zero, ho continuato nella lettura: “Non è un peccato di gola, è una necessità. Il cacao fa bene, tira su di morale, protegge e sostiene nei periodi di stress. Le confezioni monodose sono da tenere sempre in borsa, per essere consumate nei momenti più difficili. Un particolare non da poco: le confezioni contengono la dose minima giornaliera (1 euro). Nulla vieta di consumarne di più. Non per altro, ma quando c’è di mezzo la salute...”.
Già durante i miei anni universitari circolava il mito secondo cui il cacao aiuterebbe la memoria, quello stesso cacao che io e le mie amiche, non avendo problemi di linea, ingurgitavamo senza vergogna.
Ma qual è la “Dose minima giornaliera” di cui abbiamo inconsapevolmente bisogno ogni giorno? Il caffè per chi ha una ripresa lenta o, magari, per distrarsi e fare una pausa, i carboidrati per i fanatici della dieta e della palestra, il sesso per appagare il corpo o la mente, un vestito nuovo di Prada per alzare il proprio livello di autostima, un po’ di svago per evadere la monotonia della routine quotidiana, un po’ di approvazione per compiacere il proprio ego? E la fantasia? Qual è la “Dose minima giornaliera” della fantasia?
Davanti al mondo dobbiamo essere sempre i più felici, i più belli, i più giovani, i più rampanti, i più divertenti, i più efficienti, i più sorprendenti, i più innamorati, i più innovativi. Dobbiamo scegliere il vestito giusto, l’amico giusto, il locale giusto, la frase giusta, il profumo giusto, i cereali giusti. Quanta fantasia ci serve per recitare il nostro ruolo giornaliero? Quando vogliamo fare colpo dobbiamo sembrare accattivanti, esaltare con noncuranza i nostri pregi e sdrammatizzare i nostri difetti, concedere ma non troppo, farsi conoscere evitando i dettagli, giocare d’astuzia e perchè no anche bluffare, se la posta in gioco è alta. Ma se anche per conquistare chi vorremmo al nostro fianco o nel nostro letto dobbiamo evitare la noia, la banalità e la scontatezza – quasi fossero la cosa che mai vorremmo augurare a noi stessi, praticamente come acquistare in saldo un pezzo difettato e non restituibile ­– la trasgressione, oggi, è diventata essere se stessi in qualunque circostanza? Probabilmente, questo è il vero lusso dei tempi moderni.

martedì 6 ottobre 2009

Mirror, mirror on the wall: who’s the fairest one of all?

Tutto è iniziato circa dieci giorni fa quando alla mia amica Angelique è capitato tra le mani un volantino sul quale spiccava, ammiccantemente colorato, il titolo “Corso di seduzione: Sviluppa la tua abilità seduttiva”. Curiosa come solo lei sa essere e non meno intrigata, si è subito precipitata in rete per consultare il sito web indicato. Il corso, naturalmente, si è trasformato nell’argomento clou della nostra conversazione disimpegnata e irriverente del giorno successivo mentre pranzavamo in centro. E, del medesimo tema, ci siamo ritrovati a parlare quella sera io e Florent in attesa che ci consegnassero a domicilio la nostra cena giapponese durante la quale mi ha reso edotta della strategia seduttiva adottata da un suo amico qualche giorno prima: era in metropolitana, tra Rue de la Pompe e Saint-Augustin quando ha visto un ragazzo carino, apparentemente suo coetaneo, che lo stava fissando. Ogni volta che l'amico di Florent alzava gli occhi per guardarlo l’altro fingeva noncuranza. Cinque o sei occhiate dopo, però, gli sguardi si sono incrociati e per entrambi è stato difficile trattenere un sorriso divertito. Da qui alle presentazioni il passo è stato breve e quindici minuti dopo stavano amabilmente sorseggiando un caffè e assaporando quattro madeleine in un locale poco lontano da Place de la Madeleine, dove erano entrambi diretti.
Secondo Florent, quindi, i corsi di seduzione sarebbero assolutamente inutili, poiché è convinto che la persona seduttiva sia quella che è consapevole del proprio valore e delle proprie caratteristiche, indipendentemente dalle conquiste fatte. Malgrado il mio scetticismo rispetto a questa tesi, a fine serata Florent mi ha convinto a provare e ci siamo lasciati col proposito che anch’io avrei sperimentato questa tecnica per valutarne l’efficacia, ripromettendoci di esaminare i risultati dell’esperimento, tra una risata e l’altra, qualche giorno dopo a cena a casa mia.
Mentre rientravo, rapita da un desiderio d’indagine quasi scientifica, non potevo fare a meno di chiedermi: se sedurre significa letteralmente condurre a sé, il che dovrebbe implicare la capacità di attirare, persuadere e guidare l’altra persona, aveva ragione Florent nell’affermare che è sufficiente prendere consapevolezza delle proprie armi seduttive? Il segreto è tutto lì? Insomma, seduttori (o seduttrici) si nasce o si diventa?
Il mattino seguente mi è sembrato quello giusto per agire: trattamento “Lendemain de fête”, pettinatura sprezzante, stile rampante da conquistatrice del mondo, fintamente understated ma sexy al punto giusto (per una volta, ho deciso di abbandonare il look casuale da claustrolesbica alla Damir Doma) e intimo di La Perla che, sebbene normalmente non si veda, a meno di incontri ravvicinati di un certo tipo, riesce come nessun’altra cosa ad amplificare le abilità seduttive di una donna. Tentando di dissimulare abilmente il mio cipiglio indagatore mi sono diretta verso la metropolitana, interrogandomi se sarei riuscita ad andare fino in fondo ed elaborando nella mia mente una possibile strategia. In quel momento, mi è venuta in soccorso una conversazione con Angelique sul comportamento femminile, secondo cui le donne sedurrebbero prima col corpo, poi con lo sguardo e, infine, con la provocazione e la sfida. Salita a St-Paul mi sono trovata a poca distanza da un trentacinquenne, impeccabile nel suo abito sartoriale, camicia bianca e cravatta grigia, anulari liberi da qualunque traccia di impegno, brizzolatura incipiente, leggermente più alto di me, occhi scuri e sguardo fiero. Dopo aver preso la mira e aver colpito il bersaglio mi sono ritratta nel mio sguardo basso e, al tempo stesso, complice; l’imperativo era incuriosire. Cercando di resistere alla tentazione di contraccambiare le sue occhiate... “Chiedo scusa. So che è inopportuno fissare una donna troppo a lungo, ma non riuscivo a farne a meno. Ad ogni modo, io sono Nicolas”. Non ero ancora arrivata neppure a George V. In quell’istante ho capito che la carta vincente è essere come si è.

lunedì 28 settembre 2009

Passato imperfetto

Anche le mangiauomini, o presunte tali, hanno un passato, abbiamo pensato io e la mia amica Angelique l’altro giorno a pranzo. Talvolta, è pure divertente ricordarlo quando si ha sufficiente distacco per abbandonarsi all’ironia e non alla nostalgia.
Parecchi anni fa, io e le mie amiche, le tre sorelle che han fatto un patto, eravamo in vacanza in una nota località turistica spagnola della Costa del Sol. Una sera, in un american bar, dopo aver cambiato postazione tre volte, strategia molto usata in quegli anni per evitare gli sguardi troppo insistenti di maschietti poco graditi o rendere noto, come in una dichiarazione d’intenti, a coloro i quali ti toglievano i vestiti con gli occhi pregustando un’avventura che non c’era proprio storia, eravamo vicino all’affollatissimo bancone del bar cercando di attirare l’attenzione dell’indaffarato barman per avere tre long island quando la mia amica Estelle si è sentita chiedere: “Cosa ti andrebbe di bere?”. Un tipo alto, biondo e dal corpo mozzafiato (russo e ricco l’abbiamo appreso più tardi) stava proponendosi per offrirle un drink.
Dieci secondi di esitazione in bilico tra lo sdegno (di prassi) e la civetteria dopo, si trovava ad accettare volentieri... e non è stato che il primo... drink. Passata qualche ora a parlare, durante la quale lo sfondo che faceva da cornice all’incontro della coppia improvvisata era diventata la discoteca che proponeva la serata più elettrizzante della zona, il tempo stava trascorrendo abbastanza piacevolmente. Andiamo con ordine, ingresso con consumazione (mai utilizzata) pagato, sempre dal russo muscolo munito, altri due long island offerti, qualche danza scatenata in pista e molto bla bla bla. Indecisa sul da farsi e presa da qualcosa che sta in mezzo tra il timore e l’intrigo, quel tanto che basta, continuava ad ascoltare un uomo che, a sua volta, la mossa la stava aspettando anche lui. Estelle non poteva credere che tutte quelle carinerie potessero essere disinteressate, né che fosse gay, decisamente non lo era, né che fosse timido, a prima vista non sembrava. Si era, forse imbattuta in quella rara specie che siamo solite chiamare gentiluomini? Un po’ annebbiata dai cocktail e dalla musica, questa ipotesi non è stata presa in considerazione per cui, a tarda notte, è rientrata sola e un po’ ubriaca. Viene da chiedersi: ma allora il corteggiamento è solo un gioco di forze? Una caccia seducente, un equilibrio tra attacco e difesa, un bilanciamento di potere, il desiderio di supremazia o, semplicemente, una corsa verso la vittoria?
Se è vero che tutto insegna qualcosa, la sera dopo rientrando in hotel Estelle ha conosciuto un altro ragazzo, indolentemente seduto su uno dei comodi divani della hall mentre cercava di ammazzare il tempo in attesa che il suo migliore amico con cui condivideva la camera e la sua nuova conquista liberassero la stanza. Per volere del caso, questa volta era moro, curato, milanese e sempre fisicamente atletico. Se ogni gioco ha la sua tattica, Estelle quella sera ha capito che non sempre bisogna passare all’attacco ma... mai rinunciare a mettersi in gioco.

martedì 22 settembre 2009

Trasgressiva normalità o normale trasgressione

Partiamo da due dati di fatto. Il primo: la trasgressione è allettante per chiunque, nessuno, almeno sulla carta, vorrebbe resistere; non c’è niente di più affascinante del proibito. Il secondo: la trasgressione non è necessariamente negativa, può significare fare nuove esperienze uscendo da ciò che è considerato rassicurante, misurarsi con i limiti prestabiliti mettendo alla prova se stessi e gli altri. Poi, che ci sia chi cede e chi no è un altro conto. Ma, in un mondo in cui tutto è relativo, cosa significa trasgredire e perchè ci tenta tanto? Perché, superando i confini, aumenta l’adrenalina? Perchè un comportamento trasgressivo rappresenta il termometro della nostra fantasia? Si osa per curiosità, per spirito di ribellione o perchè, semplicemente, non riusciamo a dire no ad un irrefrenabile desiderio edonistico?
La prima trasgressione ad essere rimasta nell’inconscio collettivo è quella emblematica di Adamo ed Eva. Nell’Eden, dove tutto era perfetto, avrebbero avuto tutto per vivere felici e contenti ma ci si annoiava da morire, leggere un libro di Jane Austen sarebbe stato nulla al confronto. Oggi, d’altra parte, ci troviamo spesso a definirla attraverso l’esemplificazione e la vita, soprattutto quella degli altri, ci viene sempre in soccorso: per la mia amica Claudia, ad esempio, trasgredire significa comprare un paio di scarpe che costino meno di 400 euro, per mia madre sarebbe cambiare da sola la ruota della macchina, per il mio ex fare bungee jumping insieme a me. Quando, però, la trasgressione coinvolge la sfera sessuale passa il più delle volte sotto silenzio nonostante sia proprio questa reticenza a farci accorgere quanto i vizi e le debolezze nascoste siano, al contrario universali, i giochi per dare una scossa a una sessualità un po’ assopita, per sperimentare un’intesa erotica più fantasiosa o, magari, per scoprire vie del piacere alternative. Allora perchè non parlarne? Pudore? Vergogna? Timore di essere giudicati?
Volendo generalizzare, probabilmente, è solo perchè si va a finire in un territorio che inevitabilmente va a coincidere con un disallineamento tra le convenzioni esteriori e la morale intima. Viene da chiedersi: se la trasgressione cambia il modo in cui vediamo le cose e procura una visione meno convenzionale del mondo, possiamo dire che costituisca il primo passo verso l’individualità?
Senza dubbio, è il caso del mio amico Florent. Eterosessuale fino ai 21 anni, almeno secondo il suo pensiero, una sera, ad una festa, viene rimorchiato da un ragazzo, un 29enne che si occupa di informatica. Intrigato dalla situazione, complice qualche drink di troppo, dopo aver diviso un taxi per tornare a casa, quella sarebbe stata l’intenzione, si ritrova a casa dell’informatico, la più vicina, con la sua testa tra le cosce. Mai provato un sesso orale così sconvolgente. Adesso, quasi undici anni e numerose avventure dopo, convive felicemente da sei con un ragazzo. Ma allora, un pompino può cambiarti improvvisamente, decisamente e inaspettatamente la vita?

sabato 19 settembre 2009

La solitudine dei numeri primi

Mi sento come una debuttante. L’esordio a scuola, l’entrata in società, l’inizio di un nuovo lavoro, la scarpa comprata dopo un mese di risparmi, il primo appuntamento con un ragazzo che ti piace. Questo numero primo ci perseguita nella vita: tutti eventi destabilizzanti durante i quali la mente si affolla di mille dubbi, interrogativi, paure.
Questo è il mio primo giorno sul blog. La prima domanda: cosa scriverò? La seconda: cos’è per me questo blog? La terza: perchè mi sono lasciata convincere da quelle serpi che con le buone o con le cattive mi hanno spinto su vari fronti a fare quest’esperienza usando anche l’arma più perfida che possa esistere per qualunque essere umano dall’ego sviluppato maggiormente rispetto alla norma alla quale dovremmo mediamente attenerci? La lusinga. Sei divertente, ironica, sufficientemente sprezzante, tagliente, sagace... peggio delle sirene!
Abituata a leggerne taluni ai quali, con mia grande sorpresa, giorno dopo giorno, mi sono appassionata (i nomi non li rivelerò nemmeno sotto tortura), nei quali ho imparato a conoscere, attraverso le parole, stralci di vissuto di persone sconosciute e mi sono dilettata, talvolta divertita, a commentare, suggerire, provocare, adesso mi trovo davanti a questo contenitore da riempire con pensieri sparsi, frammenti di vita che mi pongono davanti a me stessa e al mondo in modo più profondo, quasi analitico. Non siamo più abituati a conoscere le persone dalle parole: preferiamo un’estetica, un abito, un atteggiamento, uno sguardo, quel quid che ci attrae o ci respinge. Al mondo siamo tutti come cariche elettromagnetiche?
Eppure, ogni giorno, ognuno nella propria città, entriamo inevitabilmente in contatto con la vita degli altri. Ma allora il mondo è un blog della realtà? Milano, Parigi sono uguali al mio contenitore virtuale? Le persone che conosciamo, ma anche quelle che non conosciamo... ci incuriosisce la loro vita, cosa fanno, cosa erano, cosa sono diventate, perchè le incrociamo esattamente in quel momento. Ci troviamo a domandarci chi sia il nostro vicino in metropolitana, il ragazzo che siede al tavolo di fronte mentre mangiamo nella pausa pranzo, la signora bionda elegante di mezza età che aspettava come noi al giapponese take away, la coppia seduta sulla panchina al parco, l’uomo distinto nel suo gessato che ci scontra nello struscio in centro. Del resto, anche le dinamiche dell’innamoramento iniziano in questo modo. L’altro giorno la mia amica Angelique era al supermercato. Sempre distratta e di corsa, si scontra letteralmente con un ragazzo, di quelli che ringrazi subito il cielo di aver messo sulla tua strada. Uno sguardo, un sorriso, un ammiccamento e un po’ di autocompiacimento che non guasta mai. Parola dopo parola sono finiti... alla cassa, uno sguardo nel carrello e la rivelazione: quante cose si capiscono di una persona guardando dentro il carrello della spesa. Un numero di telefono... e il gioco è fatto. Nel mondo virtuale sarebbe stato diverso?