mercoledì 25 novembre 2009

Il coraggio delle idee

Nella vita di una donna, dall’adolescenza in poi, i primi appuntamenti sono una costante, accompagnati spesso dalla ricerca di quel “per sempre” che è un auspicio, una speranza, un sogno. Le tipologie dei primi appuntamenti sono le più svariate, quelli organizzati dagli amici, quelli che sono il naturale sbocco di una conoscenza virtuale, quelli che, talvolta anche a priori, si sa già che toccheranno solo la sfera sessuale, quelli dopo i quali è inequivocabile che non ci sarà mai nessun incontro ravvicinato di un certo tipo, quelli che arrivano molto velocemente al sesso ma sarebbe stato meglio non scoprire che l’intesa sessuale è così tremenda da escludere senza appello un futuro insieme... e quelli che accadono accidentalmente, quasi per gioco o uno scherzo del destino come nel caso mio e di Nicolas.
Poi ci sono anche i primi appuntamenti che hanno un risvolto inaspettato. L’altro giorno, a pranzo, mentre le tre sorelle che han fatto un patto stavano provando un nuovo self-service d’alta cucina, non riuscivo a credere al racconto di Estelle: qualche sera prima, ad una festa in casa di un suo amico antiquario, tra una folla di invitati piuttosto particolari, uomini d’affari di tutte le età, giovani signore annoiate con cagnolino, ricche vecchiotte in abiti giovanili che bevono solo acqua e gigolò, ha conosciuto Jacques, uno scultore 32enne molto, molto francese con un accento del sud modificato da una intonazione snob che gli faceva mangiare le parole. Schivo e ombroso, non si capiva se fosse annoiato o se, semplicemente, volesse nascondersi dietro a un alone di mistero. Dopo essersi avvicinati l’una all’altro, Estelle e Jacques non hanno più smesso di parlare rapiti in un’alchimia che si faceva sempre più intensa. Messa da parte una prima impressione fuorviante, Jacques era molto colto, interessante, raffinato, poliedrico, pungente e... mai noioso. Insomma, assolutamente perfetto. Dopo una serie di baci grandiosi e promettenti, l’attrazione reciproca ha condotto al più naturale degli epiloghi ma a letto... delusione totale. Estelle era assolutamente impreparata perchè lo immaginava meraviglioso. E, forse, era proprio questo il problema: aveva aspettative troppo grandi. E non è che cercasse solamente un uomo che le strappasse la biancheria di dosso.
Tornata a casa, ripensavo alle aspettative sessuali: in un mondo dove la perfezione non esiste e in cui la vita può riservarci talvolta anche dei tiri mancini come il ristorante vegetariano che ci ha fatto provare Angelique ieri sera e che si è rivelato assolutamente una schifezza, un’aspettativa troppo alta non sarà più ingannevole del cavallo di Troia?
Intanto, la stessa sera, dall’altra parte del mondo, anche Tommaso, a Milano, sfidava la sorte. Armato di mouse, aveva trovato, la notte precedente, tra gli internet-dipendenti, un tipo con profilo e foto assolutamente accattivanti. Pronto a sfatare, le affermazioni dei sessuologi secondo le quali, a causa dell’ansia da prestazione, solo per il 33% degli uomini l’incontro virtuale sfocia in qualcosa di più, al contrario delle donne che l’80% delle volte cercano di trasformare la fantasia in realtà, convertendo il sesso virtuale in sesso vero, Tommaso si era preparato per un altra tipologia di primo appuntamento che, personalmente, non ho mai avuto il coraggio di provare: quello al buio. La filosofia di vita di Angelique prevede che, prima di questi appuntamenti, si sia sempre inclini ad immaginare che il ragazzo che si va ad incontrare sia favoloso. Ma questo non fu il caso. O, meglio, Tommaso si è trovato, senza una ragione, a fare sesso orale con un ragazzo che, come ha placidamente ammesso per telefono, non era in alcun modo il suo tipo. La cosa, però, sembra tutt’altro che sorprendente. Parlando con Angelique, infatti, mi ha reso edotta del fatto che, esattamente come non si è sempre attratte da uomini indubitabilmente belli, molto spesso, il sesso migliore si fa con gente che non ci piace. Ci si sente, per caso, più liberi di esprimersi? Ci sono meno inibizioni? O ci si sente paradossalmente più se stessi con uno sconosciuto?
Poco fa, stavo facendo una doccia godendo dell’acqua calda che mi bagnava la pelle e riflettevo che, forse, se è vero che le cose ovvie nascono per ovvie ragioni, a volte è meglio prendere la vita così come viene senza cercare di cambiare il corso delle cose. Forse ha ragione Estelle con la sua convinzione che se il sesso non è un granché non serve a niente dirlo. Ma, altre volte, basta un po’ d’improvvisazione.

martedì 17 novembre 2009

Beyond a reasonable doubt

Non ho mai capito se gli eventi più stravaganti mi siano accaduti a Parigi o a Milano. Dopo aver assecondato i sostenitori che continuavano ad insistere che io aprissi un blog ora mi ritrovo anche un altro compito ingrato e decisamente inappropriato per la mia persona: non ho mai pensato di essere una guida spirituale, né ho mai creduto che la mia vita, per quanto ricca di eventi, potesse diventare un modello o una fonte di ispirazione per nessuno. Trovo divertente citare qualche spaccato e riflettere sugli avvenimenti poiché, probabilmente, ogni cosa regala un insegnamento.
Detto questo, considerando il fatto che molti, anche quelli che poi non hanno letto nemmeno una riga, mi chiedevano a più riprese di fare questo passo, ho ritenuto opportuno informarli, perché un po’ tutti i blogger hanno una spiccata parte narcisistica che confida di essere appagata sapendo che qualcuno legge quello che viene scritto.
Dieci giorni fa circa accompagnavo Tommaso dopo il lavoro a comprare un maglione in centro. Mentre eravamo dalle parti di corso Como e avevamo deciso che era l’ora di un gin and tonic, stava, infatti, diventando buio e non c’era niente da vedere, è squillato il mio BlackBerry: Alfredo, uno dei miei amici gay milanesi (ebbene sì, per chi se lo stesse chiedendo, è vero, a Milano ho più amicizie gay che femminili), appassionato di incontri in chat e di cybersex, che da un paio di settimane aveva iniziato a seguire il mio blog, mi ha raccontato quello che gli è accaduto qualche sera prima: era a ballare in un locale e ha conosciuto un ragazzo, 26 anni, che, però, fa già coppia fissa con qualcuno. Niente di strano se non fosse per il fatto che, di nascosto dal fidanzato, ha dato ad Alfredo il suo numero di cellulare, pregandolo di farsi sentire in settimana per accordarsi su un’eventuale uscita, a due, ovviamente. Alfredo, quindi, ha mandato un sms e il ragazzo, essendo il fidanzato, generalmente, incurante di cosa faccia quando non sono insieme, ha risposto proponendo una calda notte di sesso sfrenato. A questo punto, Alfredo mi ha sottoposto il fatidico interrogativo: “Cosa faccio? Si vive una volta sola, non voglio sentire morali”. In quell’istante, non ho potuto fare a meno di domandarmi: quando si è ad un bivio e ci si chiede da che parte andare, se nemmeno la volontà riesce a condurre immediatamente alla scelta, come quando si è al cospetto dell’ennesima borsa di Bottega Veneta, il dubbio, quello che una giuria, inspiegabilmente, fiuterebbe al volo, rappresenta forse il campanello d’allarme che separa la determinazione dal desiderio?
Al sospetto che, probabilmente, stava frequentando troppi ragazzi, Alfredo ha replicato: “Non ha senso essere fedeli, se non si è innamorati”. Così, ripensando che, secondo Angelique, la normalità è solo una maschera dell’eccesso o, in altre parole, che soltanto un ordine precostituito può generare un’interessante trasgressione, soffocando il mio imbarazzo, dopo aver puntualizzato, conoscendo Alfredo, che non avrebbe dovuto aspettarsi altro che sesso senza coinvolgimento emotivo, naturalmente e quasi involontariamente ho detto: “Beh, che dire? Fatti questa scopata!”. Rassicurata dal pensiero di Tommaso che collimava col mio anche riguardo al dettaglio che, eventualmente, avrebbe dovuto essere il ragazzo a doversi preoccupare che, essendo fidanzato, anche solo questo presupposto sarebbe dovuto essere sufficiente come deterrente, non riuscivo a stare nella pelle all’idea di sapere come si sarebbe evoluta la situazione.
Rientrata a Parigi, ieri verso mezzanotte e mezza, mentre stavo riflettendo sul fatto che, soprattutto quando si parla di sessualità, la facilità del peccato sconcerta il pentimento, è arrivata con un tempismo quasi telepatico la chiamata di Alfredo: col ragazzo, molto dotato, ci sono state tre notti infuocate, tutte decisamente notevoli se si tralascia di sottolineare che, dopo la prima, l’ardore ha subito una lenta, progressiva e inesorabile diminuzione. Del resto, in situazioni come queste, ogni cosa è bella la prima volta ma le altre non possono che diventare monotone e ripetitive. Già, penso, è così in tutte le cose della vita ma, se si aggiunge il fatto che non c’è nient’altro a fare da collante a parte l’intesa sessuale, come potrebbe essere altrimenti? Così, per evitare la mancanza d’immaginazione, il ragazzo ha proposto di allargare il cerchio.
Questa mattina, a colazione, raccontando l’episodio a Estelle ho capito che se, il dubbio costituisce il dispositivo di controllo del pensiero sull’azione si è davvero fortunati quando accanto si ha qualcuno nei cui occhi si possono trovare tutte le risposte ai nostri dubbi. Tornata in strada, il sole ha fatto capolino da una nuvola grigia.

lunedì 16 novembre 2009

Il mio debutto su Twitter

Novità sul fronte del web 2.0. Ho deciso di avvicinarmi al mondo dei social media e di fare il mio ingresso su Twitter.


Un nuovo debutto: abbracciando, per la prima volta, il mondo dei media online, sbarco ufficialmente su uno dei social network più gettonati al momento e allargo la mia piattaforma tecnologica. Da oggi, anche le mie conoscenze informatiche sono leggermente più estese. Per chi volesse seguirmi: http://twitter.com/ALEX_andthecity.

mercoledì 11 novembre 2009

Sarò solo la tua pupa rock

Ci sono giornate in cui in qualunque posto si vada capita sempre di sentire persone che sviscerano lo stesso argomento. Sarebbe naturale se si trattasse di una notizia del giorno o di una tendenza che si sta particolarmente affermando in quel momento. In questo periodo, da qualunque parte mi giro, compreso il salone dove l’altro giorno ho trascorso due ore per farmi la piega ai capelli, non sento che discorsi sul tradimento e di quanto, ormai, i monogami stiano diventando una specie in via di estinzione. Il tema è così vasto che nessuno potrebbe arrogarsi la pretesa di esaurirlo o di giungere ad una conclusione definitiva. C’è chi tradisce perchè non vuole resistere alla tentazione, perchè vuole mantenere la propria libertà di opzione o, semplicemente, perchè la passione all’interno della coppia si è spenta e, quindi, la cerca altrove. C’è chi tradisce per gioco, per abitudine, per bulimia di avventure, per stile di vita, per voglia di cambiamento, per infatuazione momentanea, per sesso senza coinvolgimento, per attrazione fisica. C’è chi tradisce per non tradire se stesso. Ma allora, viene da domandarsi, in un mondo dalle possibilità infinite, in cui si cambia partner più spesso di una società telefonica, la monogamia è davvero ancora importante?
Prima dell’estate, la mia amica Angelique, durante una cena a casa di amici a Milano ha conosciuto Gabriele, 37 anni, avvocato, un uomo in carriera, estroverso ma, allo stesso tempo, molto raffinato. Alla fine della serata, lo scambio dei cellulari e il proposito di rivedersi qualche giorno dopo per un drink disimpegnato. Considerata l’intesa crescente, ne sono seguiti altri tre, rispettivamente, nelle tre serate successive accompagnati da passeggiate romantiche in giro per la città, complice un clima che lasciava pregustare l’estate imminente e qualche incontro ravvicinato di un certo tipo. Tutto sembrava andare bene nonostante la prossima partenza di Angelique per Parigi, quando Gabriele ha pronunciato la frase che ha minato per sempre qualunque possibile aspettativa futura: “Mi piacerebbe innamorarmi ma ho paura di cambiare il mio stile di vita”. Per una come Angelique questa frase sarebbe già stata sufficiente poiché la parola “paura” non dovrebbe esistere nel vocabolario di un uomo quando si parla di sentimenti. Ma non era tutto: “Gli impegni non fanno per me. Del resto la fedeltà è solo una costruzione mentale. I rapporti sono spesso costruiti sulla falsa certezza che uno dei due non possa tradire l’altro. Ma se realmente per due innamorati la monogamia dovrebbe essere la cosa più naturale, se ciò che è naturale diventa un concetto statistico, allora l’alta percentuale dei traditori o dei traditi renderebbe naturale il tradimento”.
Angelique ha trovato questo sillogismo talmente divertente da non riuscire a smettere di ridere e ha deciso che quella sera sarebbe stata l’ultima volta che andava a letto con Gabriele. Non si sarebbe mai messa con un uomo così ma non voleva nemmeno tradire se stessa e la sua voglia di divertirsi quella sera. Gabriele non avrebbe mai potuto essere un potenziale amore per la vita ma poteva essere un piacevole divertimento momentaneo anche se lei ha continuato, impassibile, a fargli credere qualcosa di diverso. Del resto, nonostante tutto, era pur sempre piuttosto attraente. Quella sera si sono lasciati ripromettendosi di sentirsi il giorno dopo. Ma Angelique non si è fatta più trovare. Cosa c’era di più esilarante che leggere i messaggi accorati di un poligamo impenitente?
Qualche giorno dopo, mentre ascoltavo il suo racconto, continuavo a pensare che fosse la giustificazione al tradimento più incredibile che mi fosse capitato di ascoltare. C’è chi racconta il tradimento agli amici per farsene vanto, chi lo confessa al partner per scaricarsi la coscienza, chi lo nasconde, chi pensa che sia solo una “santa” bugia, chi commette peccato di omissione o chi adotta una coppia aperta o segretamente aperta. Ma, difficilmente, avrei potuto pensare ad una difesa d’ufficio così originale. Sicuramente, d’altra parte, se in genere non si tradisce perchè sembra sbagliato farlo o magari perchè, per volere del caso, si ha accanto la persona con cui non potrebbe esserci intesa migliore su tutti i fronti, credo che non ci sia nulla di meglio che fare mille cose con lo stesso uomo invece di fare una cosa sola con mille uomini diversi.

mercoledì 4 novembre 2009

There’s a light burning in the fireplace

Non c’è niente di meglio per esorcizzare le proprie paure che fronteggiarle in modo diretto. Si può semplicisticamente definire terapia shock. Generalmente, hanno tutte un comune denominatore: l’incognita dell’ignoto, di quello che sarà, il timore di non saper affrontare al meglio le situazioni quando si è costretti a scontrarsi con esse. Ma è altrettanto vero che quando si conoscono le variabili in gioco tutto quello che fino a un momento prima suscitava angoscia diventa solamente normalità. Così viene superata la paura di volare, del buio, degli ambienti chiusi o aperti, dei ragni, degli specchi, del dentista, del diverso, degli esami, di innamorarsi, dell’odio delle persone, delle cose grandi, di un no... e, magari, anche quella delle donne il primo giorno di saldi.
Abbiamo pensato la stessa cosa Angelique, Estelle e io quando abbiamo accettato l’invito di partecipare al matrimonio della nostra amica Isabelle, nonostante mai avrei pensato di rivedere il mio ex. La paura di sposarsi attanaglia un numero sempre maggiore di donne: in un’epoca in cui il significato del giorno del sì è sempre più svuotato e svalutato e il numero delle separazioni e dei divorzi è in aumento, sembra quasi paradossale l’impennata direttamente proporzionale del panico da sposa, quel terrore del “finchè morte non vi separi” che dovrebbe sottendere un impegno “per sempre”. Nonostante quelle occasioni per noi tre non abbiano molto di sacro, impegnate come siamo, per evitare la noia, a spettegolare sugli invitati, sui loro vestiti e sulle nuove coppie che si sono formate o che si sono sciolte, non potevo fare a meno di chiedermi: nella vita, in cui ogni cosa è ciclica, le ore, i giorni, gli anni, le stagioni, la rotazione terrestre, gli ormoni, la storia, le mode, gli amori, la felicità, si vive sempre con trepidazione o con ansia in attesa di quello che accadrà domani?
Il giorno dopo Florent e io siamo partiti per trascorrere due giorni in relax a Deauville. Nessun posto come questo, sviluppato armoniosamente tra il mare e la campagna è ideale per persuadersi davvero che l’estate è finita. Non solo per l’aria frizzante, le foglie che cadono e la coperta sul letto ma per quell’impagabile atmosfera nostalgica che si respira camminando sul mare nel periodo autunnale. Non amo particolarmente pensare che ci stiamo lentamente e inesorabilmente avvicinando all’inverno ma, sicuramente, una passeggiata solitaria o in buona compagnia rappresenta una buona terapia shock. Guardavo le onde che giocavano, rincorrendosi sulla spiaggia in questa stagione deserta o leggevo e sebbene con Florent parlassimo di libri, di arte, di ragazzi, di esperienze vissute, riflettessimo sull’amore, sull’amicizia, sulla vita confrontando anche ironicamente le nostre idee tra un caffé e l’altro, scherzassimo su qualche episodio divertente accaduto a qualche nostra conoscenza comune o andassimo spensieratamente a cavallo continuavo a sentire la mia mente piena di idee, piena della convinzione che tutto sarebbe stato, nella mia vita diverso. Il cambiamento che, spesso, fa paura alle persone, in quel momento mi sembrava essere diventato il mio migliore amico. Rimanevo incantata ad ascoltare quelli di Florent: dopo un anno che frequentava il suo attuale ragazzo, una sera mentre stavano amabilmente parlando sul divano e, con la sua testa adagiata sulle gambe, gli stava accarezzando dolcemente i capelli, si rese conto all’improvviso che era giunto il momento per vivere insieme.
Domenica sera, dopo aver mangiato una pizza d’asporto, mentre si avvicinava la mezzanotte e Florent stanco aveva deciso di andare a letto, ascoltando “L’hymne à l’amour” di Edith Piaf non riuscivo a smettere di pensare ai giorni appena trascorsi e non potevo fare a meno di sentirmi inutile e sola. Poi, l’illuminazione sulle note di “Non, je ne regrette rien”: dicono sempre che quando si è in crisi bisogna seguire l’istinto. Ebbene è quello che ho fatto e, lunedì mattina, con un giorno di anticipo sul programma, albeggiava appena quando sono tornata in città: in treno ho capito che è più importante vivere pienamente quello che accade qui e ora senza aspettare o chiedersi cosa avverrà domani. Arrivata alla stazione ho visto il volto di Nicolas tra la folla, il suo sguardo perduto in una lontana visione, la camicia di seta, il maglione chiaro e il braccialetto d’oro: mai come allora, ho pensato, sembrava un ragazzo.