mercoledì 4 novembre 2009

There’s a light burning in the fireplace

Non c’è niente di meglio per esorcizzare le proprie paure che fronteggiarle in modo diretto. Si può semplicisticamente definire terapia shock. Generalmente, hanno tutte un comune denominatore: l’incognita dell’ignoto, di quello che sarà, il timore di non saper affrontare al meglio le situazioni quando si è costretti a scontrarsi con esse. Ma è altrettanto vero che quando si conoscono le variabili in gioco tutto quello che fino a un momento prima suscitava angoscia diventa solamente normalità. Così viene superata la paura di volare, del buio, degli ambienti chiusi o aperti, dei ragni, degli specchi, del dentista, del diverso, degli esami, di innamorarsi, dell’odio delle persone, delle cose grandi, di un no... e, magari, anche quella delle donne il primo giorno di saldi.
Abbiamo pensato la stessa cosa Angelique, Estelle e io quando abbiamo accettato l’invito di partecipare al matrimonio della nostra amica Isabelle, nonostante mai avrei pensato di rivedere il mio ex. La paura di sposarsi attanaglia un numero sempre maggiore di donne: in un’epoca in cui il significato del giorno del sì è sempre più svuotato e svalutato e il numero delle separazioni e dei divorzi è in aumento, sembra quasi paradossale l’impennata direttamente proporzionale del panico da sposa, quel terrore del “finchè morte non vi separi” che dovrebbe sottendere un impegno “per sempre”. Nonostante quelle occasioni per noi tre non abbiano molto di sacro, impegnate come siamo, per evitare la noia, a spettegolare sugli invitati, sui loro vestiti e sulle nuove coppie che si sono formate o che si sono sciolte, non potevo fare a meno di chiedermi: nella vita, in cui ogni cosa è ciclica, le ore, i giorni, gli anni, le stagioni, la rotazione terrestre, gli ormoni, la storia, le mode, gli amori, la felicità, si vive sempre con trepidazione o con ansia in attesa di quello che accadrà domani?
Il giorno dopo Florent e io siamo partiti per trascorrere due giorni in relax a Deauville. Nessun posto come questo, sviluppato armoniosamente tra il mare e la campagna è ideale per persuadersi davvero che l’estate è finita. Non solo per l’aria frizzante, le foglie che cadono e la coperta sul letto ma per quell’impagabile atmosfera nostalgica che si respira camminando sul mare nel periodo autunnale. Non amo particolarmente pensare che ci stiamo lentamente e inesorabilmente avvicinando all’inverno ma, sicuramente, una passeggiata solitaria o in buona compagnia rappresenta una buona terapia shock. Guardavo le onde che giocavano, rincorrendosi sulla spiaggia in questa stagione deserta o leggevo e sebbene con Florent parlassimo di libri, di arte, di ragazzi, di esperienze vissute, riflettessimo sull’amore, sull’amicizia, sulla vita confrontando anche ironicamente le nostre idee tra un caffé e l’altro, scherzassimo su qualche episodio divertente accaduto a qualche nostra conoscenza comune o andassimo spensieratamente a cavallo continuavo a sentire la mia mente piena di idee, piena della convinzione che tutto sarebbe stato, nella mia vita diverso. Il cambiamento che, spesso, fa paura alle persone, in quel momento mi sembrava essere diventato il mio migliore amico. Rimanevo incantata ad ascoltare quelli di Florent: dopo un anno che frequentava il suo attuale ragazzo, una sera mentre stavano amabilmente parlando sul divano e, con la sua testa adagiata sulle gambe, gli stava accarezzando dolcemente i capelli, si rese conto all’improvviso che era giunto il momento per vivere insieme.
Domenica sera, dopo aver mangiato una pizza d’asporto, mentre si avvicinava la mezzanotte e Florent stanco aveva deciso di andare a letto, ascoltando “L’hymne à l’amour” di Edith Piaf non riuscivo a smettere di pensare ai giorni appena trascorsi e non potevo fare a meno di sentirmi inutile e sola. Poi, l’illuminazione sulle note di “Non, je ne regrette rien”: dicono sempre che quando si è in crisi bisogna seguire l’istinto. Ebbene è quello che ho fatto e, lunedì mattina, con un giorno di anticipo sul programma, albeggiava appena quando sono tornata in città: in treno ho capito che è più importante vivere pienamente quello che accade qui e ora senza aspettare o chiedersi cosa avverrà domani. Arrivata alla stazione ho visto il volto di Nicolas tra la folla, il suo sguardo perduto in una lontana visione, la camicia di seta, il maglione chiaro e il braccialetto d’oro: mai come allora, ho pensato, sembrava un ragazzo.

8 commenti:

  1. L'arrivo dell'autunno mette sempre tutto in discussione, come ogni cambio di stagione. Spesso anche io mi ritrovo a pensare alle cose che mi circondano e spesso mi chiedo se quello che faccio ha un senso oppure no. Ti capisco. Ma l'unico modo per venirne a capo è cavalcare l'onda...del mare o meno...

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  2. Stai via due giorni con Florent torni e sei una lagna? ^_^

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  3. Cara Alexis, ti devo ricordare che il concetto di "normalità" non sussiste oggi ed in realà non è mai esistito.
    Se ci rifletti siamo tutti essere unici ed indipendenti ed ognuno con una propria personalità "..viva Dio..".
    Se così non fosse ed affrontassimo le paure di ogni giorno nel modo da te, saremo non più essere umani ma robot non pensi?
    Riflettici e fammi sapere!!!

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  4. @ Rano: concordo pienamente con te... anche sul cavalcare! ;)


    @ Angelique: :P


    @ Estelle: non c'è niente che non quadra. Capita solo un giorno di nostalgia. Tutto passato! :)


    @ Anonimo: il problema, caro/a, è che da quello che si vede in giro, le persone generalmente non affrontano in alcun modo le loro paure e questo è sicuramente ancora più negativo. Personalmente, trovo che "sbatterci la faccia", talvolta, sia molto terapeutico.

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  5. Cara Alex, sto ancora aspettando l'assegno per i diritti delle citazioni :)
    Scherzi a parte, concordo sul fatto di affrontare le paure, ma non sempre il modo migliore è affrontarle di petto. Un cerotto è meglio toglierlo in un colpo solo, ma altre cose a volte è meglio affrontarle, come diceva la rediviva Whitney, "step by step".
    Personalmente adoro l'autunno, con i suoi colori, la temperatura mite: la natura che si prepara al letargo invernale, come sancì la dea Demetra secoli orsono. Il ciclo è alla sua fine, per poi ricominciare ancora una volta... simile al precedente, ma mai uguale. Perchè se non è cambiato lui, siamo cambiati noi e la percezione non è più la stessa :)
    Besos

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  6. @ Rano: buona giornata anche a te, caro.


    @ Karen: per le pendenze... ci accordiamo. Una borsa di Fendi va bene? ;)
    L'autunno a Venezia è sicuramente molto meglio dell'estate anche se temo che anche là quest'autunno sia stato un po' sui generis.
    Infine, la tua visione dei "cicli" mi piace! :D
    Saluti anche da chisaitu.

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